VALENTANO NEL MONDO, IL MONDO A VALENTANO (Pt. 1)

Prima Puntata: Quanno caca la Befana

Le festività natalizie sono un susseguirsi di cenoni, giochi, abbuffate, canti… ma come sempre tutto ciò che ha un inizio ha inevitabilmente una fine: “l’Epifania che tutte le feste si porta via”.

In tutto il mondo cristiano il giorno dell’Epifania viene festeggiato in forme e maniere differenti, tuttavia l’elemento della questua  rimane costante e rappresenta un collante tra culture differenti. Dalla Russia, alla Spagna passando per la Francia e l’Italia la festa possiede rituali comuni.

La “nostra” Befana (nome derivato dalla corruzione lessicale di Epifania) è stata oggetto di studi da parte di molti esperti. Senza dubbio l’origine della vecchia signora è di matrice pagana e gradualmente è stata integrata all’interno del calendario cristiano.

I Romani, dodici notti dopo la festa del Sol Invictus (celebrata il 25 dicembre), credevano che delle figure femminili volanti propiziassero il raccolto e la fertilità del terreno ancora “addormentato” per la rigidità della stagione invernale appena iniziata. C’è chi afferma che la divinità in questione sia Diana, Dea della caccia  e della Vegetazione, c’è chi invece ritiene che si tratti di divinità minori quali Satia (Dea della sazietà) o Abundia (Dea dell’abbondanza). Altre teorie collegano la Befana al culto latino di Strenia (da cui deriverebbe il termine “Strenna”) altre ancora ai culti germanici di Holda, personificazione della natura invernale.

La Befana si presenta come una donna vecchia, allegoria della Madre Terra che durante il periodo invernale è spossata, decrepita, magra ed infruttuosa a causa del gelo. Nonostante questo aspetto però la Befana/Terra cela doni: è la consapevolezza che dopo le difficoltà invernali la terra ciclicamente torni produttiva e feconda. La signora insomma possiede due facce: una spossata e misera, l’altra vitale e gioiosa, una sorta di dualismo tra vecchiaia e giovinezza, tra vita e morte. Così come la terra appare brulla per il freddo ma in grado di rigenerarsi con la bella stagione, così i defunti che riposano sotto la terra aspettano la rinascita e lo splendore. Ma queste non sono le uniche allegorie: le calze rappresenterebbero il cammino del nuovo anno solare, frutta e dolci l’augurio di fertilità, mentre il carbone, che la tradizione cristiana ha idealizzato come punizione, in origine rinviava all’esigenza rituale pagana di alimentare il Sole tramite il fuoco. Il fuoco ricopre tuttora un ruolo centrale nella simbologia contemporanea: quando il fantoccio della Befana  viene bruciato pubblicamente in molte piazze italiane, non viene semplicemente distrutto il vecchio e non più produttivo anno passato ma viene incenerito affinché rigeneri con le sue ceneri il nuovo corso. Il fuoco inoltre, aiutato dalle grida e gli schiamazzi rappresenta il veicolo di trasferimento del vecchio spirito della Befana in lande lontane: il vecchio è lasciato andar via in favore del nuovo anno e del nuovo raccolto.

La tradizione della Befana fortemente legata al Centro Italia è stata diffusa e imposta  durante il Ventennio Fascista a tutto lo Stivale. Nei paesi dell’Alto Lazio e della Bassa Toscana la sera del 5 gennaio si svolgono annualmente le befanate, un tempo motivo di questua delle persone meno fortunate  che ricevevano cibo e vino in cambio di canzoni tradizionali e scene comiche. Attualmente la tradizione viene mantenuta soprattutto per il divertimento (e qualche lacrima) dei bambini. Anche a Valentano la befanata rumoreggia per le vie del paese: chissà forse, come scritto in precedenza, Befana e Befani non sono altro che persone adulte che dietro una maschera celano solo il loro voler tornare bambini.

 

Fabrizio Mancini

Fonti

E. Baldini, G. Bellosi, Tenebroso Natale, il lato oscuro della grande festa, Editori Laterza,Bari, 2015.

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